Articolo dell’avvocato Maria Valentina Verga
Il Diritto d’autore è dato dall’insieme delle norme di diritto privato (artt. 2575 e ss cc) e di quelle sancite da leggi speciali (legge n. 633 del 22 aprile 1941 come modificata decreto-legge n. 148 del 16 ottobre 2017) volte alla tutela della paternità e dello sfruttamento del bene protetto oggetto del diritto.
Formano oggetto del Diritto d’autore ai sensi dell’art. 2575 c.c. “le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”. La tutela del diritto, in considerazione delle evoluzioni in campo tecnologico e in quello dell’informazione, è stata estesa anche alle opere fotografiche, ai programmi per elaboratore, alle banche dati e alle creazioni di disegno industriale.
L’opera per essere oggetto di tutela deve esistere come espressione del lavoro intellettuale del suo creatore e presentare i requisiti di originalità (novità) e creatività (frutto dell’intelletto umano), sicché i relativi diritti volti alla difesa e rivendica della paternità nonché alla diffusione e sfruttamento economico, in ogni modo consentito dalla legge, insorgono in capo al creatore a titolo originario che è tale sino a prova contraria.
Se alla creazione dell’opera hanno partecipato più persone i diritti spettano a tutti i coautori e vigono le norme sulla comunione.
Il diritto d’autore, quindi, apporta due tutele differenti. La prima riconosce al creatore il diritto morale, perpetuo (fino a 70 dopo la morte) ed incedibile, di tutelare, il suo nome (pseudonimo, diminutivo ecc. come notoriamente riconosciuto) quale unico associato, in termini di paternità, all’opera nonché di difendere l’opera stessa da deformazione, mutilazione o anche solo modifica che possa arrecare pregiudizio al suo onore e reputazione, finanche ritirandola dal commercio. L’altra tutela afferisce invece ai diritti patrimoniali riconducibile all’opera, ossia la sua diffusione e sfruttamento economico, che hanno una durata temporale e ben possono essere acquistati, alienati o trasmessi ad altri soggetti, in tutte le forme e i modi consentiti dalla legge.
L’utilizzo e comunque lo sfruttamento economico dell’opera (nell’accezione anglosassone copyright) quando avviene sine titulo costituisce quindi un illecito civile e in talune fattispecie anche penale (art. 473 cp reato di contraffazione del marchio).
Come anticipato l’evoluzione tecnologica ha già imposto all’operatore di diritto di estendere la qualifica di opera intellettuale anche a nuove tipologie oltre quelle individuate dall’art. 2575 cc. In particolare, con pressante interesse giuridico, emerge la necessità di tutelare e coordinare con il diritto vigente, il prodotto (opera intesa come creazione di contenuti) generato dalla IA a seguito del particolare processo (taining) di apprendimento, che attinge da dati anche protetti dal Diritto d’Autore, nonché di sviluppo che avviene attraverso complessi algoritmi.
L’articolo 1 della legge 633/1941 sul diritto d’autore stabilisce: “sono protette ai sensi di questa legge le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”.
La problematica di estendere la norma all’opera generata dalla IA è incentrata sulla possibilità di riconoscerle i requisiti di originalità e creatività intellettuale, quest’ultima ricondotta a quella umana.
La giurisprudenza nazionale ed internazionale che in materia si sta formando è per l’intanto alquanto discordante e si pone positivamente o negativamente rispetto alla possibilità di accordare o meno la tutela del copyright sul presupposto principe che nell’opera generata dalla IA sia comunque rintracciabile la creatività, intesa come sforzo intellettuale dell’uomo alla sua realizzazione.